
Ottobre è il mese che la Chiesa dedica alle missioni. E’ per questa ragione che domenica 19 si celebrerà la “Giornata Missionaria Mondiale”. Questa particolare ricorrenza ha consentito di contattare don Giovanni Tazzoli perchè appunto missionario in Perù e per alcuni anni direttore dell’Ufficio Pastorale giovanile diocesano.
A don Giovanni rivolgiamo gli auguri più sinceri per il raggiungimento del suo XXX anniversario sacerdotale ricordato martedì 30 settembre scorso.
Don Tazzoli, può illustrarci brevemente i contenuti della sua missione in Perù?
«La missione in Perù è nata nel lontano 2021, quando il capitolo generale della nostra Famiglia Ecclesiale ha deciso di aprirsi ad una nuova missione non in Africa, ma in America Latina su suggerimento della Congregazione dei Religiosi.
Era solo un progetto futuro senza una idea precisa dove il Signore ci avrebbe condotti. Nell’estate del 2023 un nostro confratello ha avuto l’occasione di accompagnare un sacerdote diocesano che è stato missionario come Fidei Donum in Perù per diversi anni. Ha chiesto ad alcuni vescovi del Perù se avessero accettato la presenza della nostra Opera per l’evangelizzazione degli adolescenti, si è trovato davanti ad un si generale. In concreto però il Vescovo di Cajamarca ha dimostrato un grande interesse perché nella sua diocesi di 1.600.000 abitanti non ha dei sacerdoti che si dedicano esclusivamente agli adolescenti e ai giovani. Noi, quindi, siamo in Perù guidati dal Signore per dedicarci, secondo lo specifico dell’Opera Casa di Nazareth, alla evangelizzazione degli adolescenti e dei giovani».
Quali problemi sta incontrando e a quali sfide è chiamato a rispondere?
«Siamo qui da poco più di tre mesi e la maggior parte del tempo l’abbiamo dedicato per lo studio della lingua e per conoscere un po’ la cultura del posto. Dalla breve e piccola esperienza acquisita fino ad ora che dire degli Adolescenti? La prima cosa da dire è che sono Adolescenti. Non sono molto diversi dai nostri adolescenti nella risposta alla fede. Qui però c’è una realtà che li aiuta molto sia sotto l’aspetto umano che religioso: sono i collegi. Quasi tutte le scuole sono collegi o statali o delle varie appartenenze religiose, la maggior parte sono cattolici. Il collegio aiuta molto sulla disciplina a partire dalla divisa che tutti tengono. Ho incontrato alcuni gruppi di ragazzi cattolici di terza o quarta superiore che vengono preparati al sacramento della cresima in collegio e questo è molto positivo. Le parrocchie tante volte non hanno la possibilità di avere dei percorsi sia per mancanza di tempo del sacerdote perché ha due o tre parrocchie con 35-40 cappelle da sostenere, sia perché i centri grandi sono pochi e i ragazzi sono spersi nei vari piccoli villaggi. Un altro fattore molto importante è la povertà, o meglio la non abbondanza che c’è da noi. Non ho mai incontrato un adolescente che fuma, per esempio; questo non poter accedere allo “sballo” per economia scarsa li aiuta ad essere più semplici e meno capricciosi. Certamente non mancano le varie problematiche familiari, sentimentali e relazionali e a volte un po’ più profonde che da noi».
Qual è il suo rapporto con le istituzioni civili e religiose locali rispetto alla sua missione?
«La società civile, un po’ come da noi, non fa molto per i giovani se non qualcosa attraverso lo sport per aggregarli».
Dove acquisisce le forze per affrontare quotidianamente la sua missione?
«”Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero, davanti a te egli preparerà la tua via” (Mt 11, 10). Gesù lo riferisce a Giovanni il Battista. Prendo questa frase di Gesù per me perché veramente, guardando oggi, il Signore in me ha mandato qualcuno a ‘prepararmi’ la via, la mia via. Da tanti anni nutrivo nel cuore la voglia di fare un’esperienza missionaria, ma l’Africa non mi attirava. Dentro di me, non so però il perché, dicevo sempre: se dovessi andare in missione: Perù. Ripeto non so il perché e a volte ricordo anche di averlo manifestato a qualcuno. Per me essere qui in Perù è vedere realizzato ciò che ho sempre custodito nel cuore e che il Signore ha suscitato dentro di me. Sono qui come Servo di Nazareth, quindi per gli Adolescenti e i Giovani. Mi porto dietro la bellissima e importante esperienza di Pescia che non potrò mai dimenticare e che rimarrà sempre un “capitolo” importante della mia vita. Mi ha acceso ancora di più la voglia di avvicinare gli Adolescenti per donare a loro la gioia dell’incontro con Gesù. E questa luce-forza è quella che mi guida ora in terra di missione. Ringrazio Dio di avermi dato la vita, di avermi chiamato a vivere il mio sacerdozio nell’Opera Famiglia di Nazareth e di aver vissuto anni belli nell’esperienza della pastorale giovanile di Pescia. Grazie a chi mi ha aiutato a vivere tutto questo e chiedo una preghiera perché questa missione sia un dono di Dio per gli Adolescenti e i Giovani del Perù e, per me, sia un rinnovamento spirituale che mi avvicina sempre più a Gesù perché mi renda veramente “sacerdote secondo il suo Cuore”. Grazie!».
di Carlo Pellegrini

