Il Cammino sinodale è uno degli argomenti in auge di questi ultimi tempi. Infatti molto se ne scrive e molto se ne parla. Anche il nostro Vescovo Fausto Tardelli sulle pagine de La Voce di Valdinievole ha pubblicato una lettera per comunicare« l’inizio del cammino sinodale diocesano».
Don Angelo Biscardi, parroco della Chiesa di Cristo Redentore de Le Case di Monsummano Terme e docente universitario, ci illustra le sue valutazioni in merito a questo evento così importante per la Chiesa del terzo millennio.
Don Biscardi, con quali parole spiega ai suoi parrocchiani il significato di “cammino sinodale”?
«Devo dire che, per quanto mi riguarda, non ho mai svolto un lavoro teorico su cos’è il cammino sinodale. Sicuramente, nei mesi a venire, grazie alle sollecitazioni che il vescovo sta dando alla nostra diocesi, anche nella parrocchia de Le Case costituiremo i gruppi sinodali e verrà spiegato meglio il percorso che stiamo facendo come Chiesa italiana. Detto questo, la spiegazione del significato “cammino sinodale” è stata fatta già nella pratica, incentivando uno stile sinodale a partire nei gruppi già presenti sin dai primi tempi dell’esperienza a Le Case. Si tratta di riservare tempi all’ascolto paritario di coloro che vivono la parrocchia con amore e impegno, e sono in tanti. In particolare, nel dialogo non clericale, non gerarchico si può creare uno stile sinodale con i catechisti, con i membri del consiglio pastorale e con i gruppi di persone attive in parrocchia, con i genitori delle varie annate del catechismo, con i catechisti battesimali, con i giovani, con la caritas, ecc. Tutto dipende dalla predisposizione a trasformare ogni occasione da un monologo del prete a un evento di ascolto e di scambio, e questo può essere fatto senza rinunciare in alcun modo al ministero di presidenza della comunità da parte del parroco».
Cosa suggerisce e cosa offrirà in particolar modo questo cammino sinodale?
«Dipende molto da come ne assumiamo interiormente le istanze. Se il clero resta prigioniero della paura di “perdere potere” o perdere la propria identità, e se i laici vogliono che la Chiesa sia solo un luogo dove trovare degli “addetti” che forniscano riti e cerimonie, allora offrirà poco. Una chiave di volta sta nei collaboratori più “vicini” che devono rendersi conto che è necessario crescere nella consapevolezza della corresponsabilità, che è ben di più della collaborazione. Il cammino sinodale dovrebbe attivare una azione pastorale “di Chiesa”, di comunità, sia in parrocchia che nel mondo, che superi la visione gerarchica della vita ecclesiale. La pastorale, l’evangelizzazione, la catechesi, la testimonianza, la preghiera, la vita liturgica, sono opera del “gruppo dei credenti” più che del clero.
Questo significa anche sapere creare nuove forme e prassi pastorali secondo il principio della «creatività pastorale» con cui papa Francesco ha chiesto di abbandonare il comodo criterio del «si è sempre fatto così» (Evangelii Gaudium). Alcuni segni concreti di cambiamento, anche imperfetti, sono fondamentali, perché solo con le riflessioni non si ottiene nulla».
Nella lettera del nostro Vescovo con cui viene annunciato l’inizio del cammino sinodale diocesano, tra l’altro, si legge: «Chiedo a tutti voi la disponibilità a partecipare a questo cammino sinodale nelle modalità più confacenti a se stesso e secondo quanto i vostri sacerdoti vi indicheranno». Quali indicazioni fornirà ai suoi parrocchiani e cosa si aspetterà da loro?
«Cercheremo insieme di individuare persone con cui sia possibile avere qualche momento di scambio più specifico sui temi del sinodo attraverso la costituzione dei gruppi sinodali. In questi gruppi faremo il lavoro che ci verrà chiesto, magari prendendo spunto da ciò che già è stato fatto, soprattutto con i consigli pastorali (a volte convocati “aperti” a tutti i collaboratori) e gli incontri con i genitori del mondo del catechismo. Cercheremo anche di coinvolgere persone che hanno minore rapporto con la parrocchia, per quanto sia davvero difficile.
Vedremo come adattare meglio possibile quello che ci verrà richiesto ai tempi disponibili di noi preti, dei collaboratori e delle persone coinvolte in generale.
Anche le indicazioni, quindi, saranno concordate dopo che i responsabili dei gruppi avranno fatto la formazione diocesana e ci avranno riportato le richieste provenienti da gruppo sinodale diocesano».
Carlo Pellegrini