
Si è celebrata a Margine Coperta la prima Stazione Quaresimale (Mc 8,27-38)
Si è svolta a Margine Coperta, nel vicariato di Montecatini Terme, la prima Stazione Quaresimale di quest’anno. Una celebrazione a cui hanno partecipato molte persone sia in presenza che in collegamento social da casa. Riportiamo integralmente di seguito l’intervento di mons. Roberto Filippini.
Leggeremo in queste stazioni quaresimali alcune pagine del Vangelo di Marco, che la liturgia domenicale di quest’anno, segue quasi integralmente. E’ un libriccino smilzo, appena 16 capitoletti, secondo gli studiosi il più antico dei vangeli, scritto in un greco popolare, persino rozzo, ma composto nella sua struttura, secondo un’arte raffinata e intelligentissima, con uno scopo ben preciso: guidare passo, passo il lettore ad una essenziale ma precisa confessione di fede cristiana. Il Cardinale Carlo Maria Martini lo definiva il Vangelo del Catecumeno, sposando l’ipotesi che fosse usato nella chiesa primitiva, per accompagnare coloro che si preparavano al Battesimo, per far scoprire loro il vero volto di Gesù.
In effetti, già nel primo versetto con cui il libro si apre, sentiamo che questo è il suo contenuto fondamentale. “Inizio del Vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio.”: lo scrittore sembra che dica: in questo scritto troverete, gli inizi e il fondamento della buona notizia su Gesù, e scoprirete che egli è il Cristo (cioè il Messia) e il Figlio di Dio. Anzi, comprenderete cosa significa veramente essere Messia e cosa significa essere Figlio di Dio.
Non solo la prima frase ci comunica la meta da raggiungere, ma ci fornisce anche con le due indicazioni sull’identità di Gesù, che il libro si può suddividere in due parti. La prima che termina con la proclamazione di Pietro:” Tu sei il Cristo”, proprio a metà libro, nel capitolo 8,29; e la seconda quasi alla fine, al capitolo 15,39, con la dichiarazione del Centurione romano sotto la croce: “Davvero quest’uomo era Figlio di Dio”. Per capire veramente chi è Gesù e diventare veri cristiani, ci insegna Marco, bisogna seguirlo fino alla croce e non basta compiere uno atto conoscitivo, fare nostre delle nozioni o una dottrina, ma aprire il cuore ed entrare nella sua logica di vita, condividendola.
Marco raccontando la vita di Gesù, negli episodi più importanti che ha scelto dalla tradizione, ci vuole aiutare dunque in questo cammino, che ha proprio nei capitoli che scorreremo in queste stazioni quaresimali (Mc 8,27-10,52) un tratto di strada fondamentale. Nella prima parte del libro si sono susseguiti tanti interrogativi su Gesù, posti dai suoi ascoltatori, dai suoi avversari, dai suoi parenti, dalle folle che erano attratte da lui e dagli stessi discepoli, ma ora, come abbiamo sentito, mentre si sposta dal nord della Galilea verso il sud, è Gesù a porre domande, a interrogare…
Proviamo a immaginarci anche noi sulla via, con Lui e prestiamo attenzione alla sua voce. Anche a noi chiede quali sono oggi le opinioni prevalenti su di lui e cercando di rispondergli, forse nel confronto, possiamo capire meglio chi è Lui nella nostra vita. Per molti Gesù è un profeta, un grande maestro di morale di un passato ormai lontano, un’illusionista che ha seminato sogni senza costrutto, per altri un mito, per altri ancora non è nemmeno esistito. A questo punto possiamo sentirlo mentre rivolge la questione a noi “per voi chi sono io, che ruolo ho, cosa rappresento nell’impostazione della vostra esistenza?”
Pietro risponde a nome di tutti, “Tu sei il Cristo, il Messia che porta il regnare di Dio fra noi. Sei l’ultimo definitivo inviato del Signore perché si stabilisca la pace, la libertà, la fraternità, la giustizia fra noi. Non abbiamo da aspettare qualcun altro, sei tu che attendevamo e che vogliamo seguire!”
La risposta di Pietro è anche la mia? Credo che la mia vita si illumina alla luce della sua parola, che egli le da senso e direzione, che la salva dall’assurdo e dalla inconsistenza, che la rende piena realizzata e gioiosa? Oppure sono tormentato da dubbi, mi entusiasmo per alcuni aspetti e per altri mi lascia sconcertato, o indifferente o addirittura mi trova contrario? Cosa mi aspetto dal Signore? Che cosa gli chiedo per me?
Gesù dopo la risposta di Pietro, “cominciò a insegnare apertamente… “. Ecco che inizia una nuova fase della sua rivelazione: Gesù spiega ai discepoli in che modo realizzerà il suo compito messianico, come instaurerà il regno di Dio, come porterà la salvezza ed è sconcertante, attraverso la sua passione! Non sarà accettato, anzi sarà scartato, ucciso e infine risorgerà! (ma quest’ultima parola nemmeno viene presa in considerazione, forse non viene nemmeno intesa!)
La reazione di Pietro esprime tutta la meraviglia e lo scandalo di quelle frasi del Maestro e anche quanto la sua fede fosse incompiuta e malintesa. Si sente in dovere di prenderlo in disparte e di dargli una lezione su cosa deve e non deve dire: che Messia sarebbe un fallito, uno sconfitto, un condannato a morte? Può essere anche per affetto, ma Pietro cerca di distogliere Gesù da quella inaudita prospettiva. Siamo ad uno scontro. Gesù a sua volta lo rimprovera duramente, anzi rivolgendosi anche agli altri, lo rimette al suo posto, vada “dietro” di lui, da buon discepolo, altrimenti darà voce a Satana, che già aveva tentato di distoglierlo dalla sua missione. Gesù gli dice “tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini”. La tua visione delle cose è bassa, tutta umana, tutta basata sulle aspirazioni e i progetti dell’uomo e dei suoi istinti. Il problema di Pietro, e nostro, non è solo intellettuale. Una visione sbagliata del messianismo e della salvezza comporta anche un travisamento su come vivere, agire, fare, sulla prassi e sui comportamenti.
Da qui in avanti è proprio su questi aspetti pratici che Gesù insisterà nel suo impegno formativo dei discepoli: bisognerà passare dalla logica umana a quella di Dio.
Compare improvvisamente un’intera folla che viene convocata insieme ai discepoli per ascoltare la lezione del divin Maestro: in questa folla ci siamo anche noi che dobbiamo cambiare mentalità, radicalmente, se vogliamo essere in sintonia con Gesù.
Rinnegare se stessi: come Pietro rinnegherà Gesù dicendo non lo conosco, rifiutando di coinvolgersi nel suo destino, così per essere cristiani bisogna dimenticarsi del proprio io e della sua voglia di affermarsi ad ogni costo. Prendere la croce, a quel tempo, significava mettersi il palo orizzontale del patibolo sulle spalle e incamminarsi verso l’esecuzione: vuol dire essere disposti al martirio, a dare la vita per Lui e con Lui. Solo a queste condizioni si potrà seguirlo con autenticità e perseveranza.
A questo punto il Signore che continua la sua istruzione, esce dalle metafore ed enuncia un principio paradossale quanto centralissimo dell’esistenza cristiana: “Chi vuole salvare la propria vita la perderà, ma chi la perderà per causa mia e del vangelo la salverà.” Si tratta proprio di compiere un rovesciamento completo della normale postura mentale, si tratta di fare una piroetta e invertire la direzione: solo il donare, seppure dia l’impressione di rimetterci, ci fa compiere il migliore investimento, solo il perdersi nell’amore rivelato da Cristo ci fa ritrovare se stessi e gli altri e salva il nostro vivere che altrimenti rinsecchisce e soffoca. E ci deve stare a cuore la vita, quella vera e piena che il Signore ci vuol dare, perché vale più di ogni altra conquista, più di ogni possibile ricchezza, più del mondo intero. Credere fermamente questo, andando contro corrente, ci apre all’orizzonte ultimo e luminoso del futuro di Dio, ci fa raggiungere la Sorgente stessa della vita.
+ Mons. Roberto Filippini