
Ormai è una consuetudine pluridecennale che, nel mese di settembre il clero di Pescia, si ritrovi per due giorni di aggiornamento, riflessione, programmazione pastorale. E, anche questa è una bella consuetudine, ci siamo sempre quasi tutti, sia preti che diaconi. Per l’occasione dell’inizio dell’anno pastorale, anche i più anziani compaiono con i loro accompagnatori. Davvero, non è una vuota sviolinata, ma mi sento con fierezza parte di un clero che prende sul serio il valore del ritrovarsi insieme, del confronto reciproco, dell’aggiornarsi.
Questi incontri ad inizio anno sono particolarmente importanti perché si collocano all’avvio dell’anno pastorale. Le parrocchie più grandi e strutturate già hanno fatto i loro programmi, altre ci stanno pensando in questo tempo, ma l’occasione è sempre valida.
La tematica che è stata affrontata gli scorsi 17 e 18 settembre si è incentrata su “Chiesa di Pescia, diventa ciò che sei!” il documento con il nostro vescovo, mons. Fausto Tardelli, ha promulgato le conclusioni finali del Cammino sinodale che ci ha tenuto impegnati in questi ultimi tre anni. Insieme a questo documento, il vescovo ci ha consegnato la Lettera pastorale per l’anno 2025/2026 con la quale sottolinea alcune piste di riflessione per una lettura proficua del Documento e, soprattutto, una sua efficace applicazione.
Le due mattinate sono state di intenso lavoro. La prima è stata caratterizzata dall’introduzione del vescovo che ancora ha tenuto a sottolineare gli aspetti di maggiore rilevanza, in particolare come questo documento, con la sua promulgazione, sia divenuto “normativo” per la diocesi, cioè vera e propria “legge” da osservarsi. Il senso è quello del riconoscimento della forza di questo scritto che è frutto di un lavoro così lungo che ha visto impegnata l’intera Chiesa di Pescia a tutti i livelli: parroci e preti in servizio, laici impegnati e non, le associazioni, i religiosi e le religiose. Non si può certo rischiare che tanto lavoro possa passare in secondo piano. A ciò si aggiunge il cammino della Chiesa italiana che ha concluso il Cammino sinodale nazionale e il 25 ottobre le delegazioni di tutte le diocesi italiane approveranno il documento base per l’impostazione della pastorale che la Conferenza episcopale italiana vorrà produrre e alla quale il nostro cammino diocesano si armonizzerà.
Sempre nella prima mattina tutti i direttori degli Uffici pastorali diocesani – ovvero gli organismi pastorali attraverso i quali il vescovo esercita la sua funzione di indirizzo e produce indicazioni per la pastorale delle singole comunità – hanno riassunto brevemente il lavoro che stanno portando avanti per una pastorale diocesana che possa avere caratteristiche e obiettivi comuni, illustrandoli alla luce dei documenti sinodali.
La seconda mattina è stata quella dell’impegno più sostanzioso. Preti e diaconi, suddivisi per vicariato, hanno riflettuto su quanto ascoltato e letto nei documenti attraverso piste di riflessione per guidare la riflessione. L’attenzione richiesta era quella, anzitutto, di favorire, all’interno di ogni vicariato, una visione comune e percorsi pastorali condivisi. La seconda attenzione, chiaramente legata alla prima, era quella di armonizzare il cammino del singolo vicariato con quello diocesano perché non ci siano disparità eccessive.
Al termine della mattina un relatore per vicariato ha riportato in aula la sintesi di quanto espresso per una condivisione comune. Il vescovo ha dato, al termine, una lettura di quanto ascoltato evidenziando l’aspetto particolare, della fraternità sacerdotale.
Come preti, infatti, portiamo con noi le fragilità della società nella quale viviamo e siamo immersi. Per questo abbiamo ancora più bisogno di accoglienza reciproca, di scambio personale, superando le paure di essere giudicati dai fratelli nel momento che ci esponiamo con la nostra interiorità. Ciò è necessario perché il riverbero delle nostre difficoltà non ci restino dentro.
Siamo consapevoli della difficoltà di muoverci in questa direzione ma comprendiamo anche quanto sia necessario per un equilibrio personale e fraterno. Questa è, infatti, la prospettiva che ci dovremmo prefiggere, quella di una profonda fraternità presbiterale nella quale ognuno di noi non abbia timore per mostrarsi per quello che è senza giudizi. Per cui occorre incrementare più possibile i rapporti personali tra di noi.
Tutto è terminato con un sereno pranzo preparato dal pregevole staff della parrocchia di Santa Lucia Uzzanese che, regolarmente, ospita gli incontri del clero.
di mons. Alberto Tampellini, vicario generale
