
14 maggio 1730: quello fu il giorno della consacrazione della cattedrale di Pescia. All’epoca governava la diocesi pesciatina il vescovo Bartolomeo Pucci da Montepulciano. Questi fu impossibilitato a presiedere quella cerimonia per indisposizione fisica. Nell’occasione fu quindi sostituito dal vescovo di Chiusi Giovanni Battista Tarugi suo congiunto.
A ricordo di quell’evento, nel tardo pomeriggio di mercoledì 14 maggio, il vescovo Fausto Tardelli ha presieduto una solenne Celebrazione Eucaristica nella cattedrale di Pescia alla presenza di alcuni canonici del Capitolo della Cattedrale e di un discreto numero di fedeli.
Con il prelato pesciatino hanno concelebrato il vicario generale monsignor Alberto Tampellini e il canonico Oreste Carlo Agnesi.
Nell’omelia il Vescovo ha sottolineato soprattutto i significati e l’importanza della consacrazione di una chiesa che la rende fruibile al culto dei credenti. «La festa della dedicazione di una chiesa, in questo caso della nostra cattedrale, rappresenta il ricordo di quando essa è stata consacrata e aperta al pubblico. È diventata appunto un luogo sacro. Questa dedicazione, questa consacrazione avviene per tutte le chiese importanti, non per le piccole cappelle degli oratori. Una celebrazione, quella della dedicazione della chiesa molto bella e particolare e che sostanzialmente consiste nell’ungere con il sacro crisma le colonne, le pareti della chiesa stessa. A ricordo di questa funzione poi si lascia anche un segno, che si può vedere benissimo anche in questa chiesa cattedrale perchè ai pilastri vedete un tondo dorato che sta a ricordare che lì è stata fatta l’unzione con il sacro crisma del pilastro della chiesa. Questi tondi riguardano tutta la chiesa». E ha aggiunto: «Molto probabilmente questa chiesa è stata consacrata più volte perchè ha avuto delle trasformazioni molto importanti. A partire dall’inizio la pieve antica fu consacrata da papa Alessandro II, già vescovo di Lucca; siamo nell’XI secolo ed era la chiesa principale della zona, la pieve e il nome stesso richiama l’importanza della chiesa di quel momento, che era la madre anche delle chiese del circondario. Quindi fu aperta al culto. Successivamente la chiesa ha subito diverse variazioni, cambiamenti e ristrutturazioni. Di quel tempo rimangono poche cose, qualche muro, qualche pietra, il segno dell’ambone; ma poi abbiamo trovato anche la notizia della visita pastorale del 1467, nella quale si dice che la pieve di Santa Maria era stata rinnovata, sistemata e ristrutturata in modo consistente; siamo nel XV secolo, per cui si era deciso di consacrarla di nuovo. E così è avvenuto quando anche è stata ristrutturata e ha preso la fisionomia che vediamo attualmente. È una chiesa bella, molto importante, un’opera magnifica della città di Pescia e noi ne siamo contenti e quindi gioiamo di questo gioiello che ci è stato consegnato dal passato».
Inoltre Monsignor Tardelli ha rivolto parole di riconoscenza a coloro che furono gli artefici della costruzione della cattedrale. «Mentre godiamo di questa grandezza dobbiamo ringraziare coloro che hanno costruito questa chiesa, la prima chiesa. Ci sono state persone che hanno pensato a questa chiesa da mille anni a questa parte, siamo grati a queste persone che hanno vissuto questo luogo prima di noi, ma che sono presenti insieme a noi a festeggiare la nostra chiesa. Quanta gente ci ha lavorato a questa chiesa, progettisti, architetti dei templi, muratori, scarpellini, fabbri, quante persone hanno contribuito ad avviare questa chiesa. Non è avvenuta così allo scocchiare delle dita, è stata costruita, pensata, elaborata con fatica. Anche l’ultimo restauro ce l’ha riconsegnata in modo splendido, costando tempo, energia, fatica. Da mille anni tante persone sono qui dentro queste mura. Le loro anime sono qui tra queste mura, i loro pensieri, i loro desideri, le loro sofferenze, le loro aspettative, sono parti di questa chiesa. La chiesa è monumento vivo non è una pietra morta perchè riflette tutte le persone che l’hanno vissuta, costruita e frequentata, generazioni, generazioni e generazioni. La chiesa, in particolare la chiesa cattedrale, è monumento vivo perchè anche se non si vedono con i nostri occhi ci sono tutte queste persone, fanno parte di questa chiesa. Quando si entra in una chiesa cattedrale consacrata si respira tutta la storia della chiesa, tutto il cammino del popolo di Dio nel tempo e ci si sente partecipi di questo cammino».
Nel concludere l’omelia il Vescovo ha evidenziato il valore della comunità cristiana nella sua unità di amore con il Signore. «Mentre godiamo di questo tempio e ringraziamo chi ci ha lavorato nei secoli vogliamo anche sentire la nostra responsabilità di trasmettere questa bellezza alle nuove generazioni. Festeggiare la dedicazione di una chiesa, della cattedrale significa anche ricordare che noi siamo il tempio del Signore. Ciascuno di noi e insieme alla comunità. Celebrare la festività della dedicazione della Chiesa significa ricordarci che la Chiesa siamo noi (il termine chiesa richiama all’edificio, ma in realtà il termine ecclesìa significa, convocazione, assemblea, adunanza); infatti siamo noi convocati dalla parola Signore, convocati dal suo amore, riuniti insieme come corpo di Cristo. È questa la Chiesa. Anche l’antico nome di pieve, che ci ricorda un edificio, ma in realtà termine plebes vuol dire popolo. La Chiesa è il popolo che si raduna dentro la chiesa. Nel giorno della dedicazione della chiesa dobbiamo ricordare la nostra identità nel tempio Signore. Siamo chiamati ai nostri doveri di Chiesa ciò vivere di Cristo avere sempre al centro la pietra angolare di Cristo e diffondere la parola di Cristo nel mondo».
La Celebrazione Eucaristica è stata accompagnata dai canti liturgici eseguiti dal clero, dai ministranti e dai fedeli.
Carlo Pellegrini