Scuola teologica diocesana – Io e l’altro: la relazione come luogo di incontro

«L’altro, il prossimo, il diverso»: questo il titolo del corso tenuto dalla prof.ssa Edi Natali all’interno della proposta formativa della Scuola Teologica diocesana. Lei è docente di filosofia presso l’Istituto superiore di Scienze Religiose della Toscana, insegna anche a Pistoia, e ha pubblicato diversi articoli e saggi; è una persona con una forte capacità comunicativa, unita a una dolcezza e sensibilità non comuni; queste sue caratteristiche, aggiunte ad una preparazione culturale notevole e all’evidente passione per l’insegnamento, hanno reso questo corso un’occasione preziosa di crescita e di confronto.

La riflessione si è mossa dal prendere in esame i contenuti portati, su questo tema, da alcuni filosofi, sia cristiani che atei, vissuti in epoca moderna e contemporanea, per evidenziare come alcune questioni rimangono tutt’oggi aperte e attualissime. Parlando di chi è l’altro da me, di chi s’intende per «prossimo», di quali ragionamenti ci portano a pensare «lui/lei è diverso/a», si scopre che facciamo sempre riferimento a noi stessi; anche i termini con cui definisco una relazione possono essere includenti o escludenti, e fare perno sempre e solo su di me.

Uno dei temi fondamentali che è stato trattato è quello del riconoscimento dell’altro come persona: sembra una banalità, ma sta alla base di scelte culturali e politiche, oltre che sociali; riconosco un feto come persona? Riconosco che quel disabile o malato che respira grazie a un macchinario è una persona? Il bisogno di essere riconosciuti, ammirati e approvati, tema portato avanti dalla filosofia fin dal ‘700, sta alla base di quanto viviamo anche oggi: assistiamo a folle di persone che si spendono per avere più «like» degli altri, che pensano di avere valore in quanto oggetto di apprezzamento, che vivono costantemente sotto lo sguardo giudicante degli altri. In questo modo si rischia di cercare di apparire diversi da come si è veramente, arrivando ad un senso di estraniazione da noi stessi: ci si assoggetta all’opinione corrente – la massa – per uniformarsi e sentirsene parte. Ne risulta un «io» fratturato e la rinuncia alla propria unicità e specificità: avere il consenso da parte degli altri non è di per sé una cosa negativa, ma lo diventa se per averlo scelgo di non essere più me stesso, se in mancanza di questo consenso (i «like») cado in depressione e mi suicido.

Il tema della relazione con l’altro si è esteso esplorando il concetto di corporeità: l’uomo non possiede il proprio corpo, l’uomo è il proprio corpo, e con questo entra in contatto con gli altri. Ci sono prospettive, nella nostra cultura attuale, per le quali la corporeità viene vista come un limite, o esaltata con un senso di onnipotenza, o vissuta come dimensione strumentale: c’è da recuperare il concetto per cui noi siamo ontologicamente uguali, persone e non individui, e possiamo entrare in relazione proprio anche attraverso il nostro corpo; questo apre all’idea di fratellanza e di comunità, che non significa «io sono uguale a te», bensì «io distinto da te, ma in comunione con te». Quando non si vive in questa dimensione, la convivenza con gli altri può diventare un inferno: lo sguardo dell’altro mi identifica come un oggetto, qualcuno da giudicare, e io vedo l’altro come un nemico; ciascuno di noi può diventare inferno per gli altri, se non c’è apertura e desiderio di conoscersi e rispettarsi reciprocamente. Per vivere relazioni autentiche e sane, c’è bisogno di uscire da sé e dai propri schemi e voler vedere il volto dell’altro, che mi interpella e mi richiama alla responsabilità: il volto della persona che mi sta di fronte non è un concetto, ma una realtà viva.

Questi sono solo alcuni dei tantissimi temi trattati dalla prof.ssa Natali durante i sei incontri in cui si è dipanato il suo corso: un’occasione di approfondimento che ha suscitato nei presenti il desiderio di saperne ancora di più.

Lisa Masini Sbolci

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