
Il Natale ci ricorda un avvenimento certamente bello com’è la nascita di un figlio ma che in se stesso non sembrerebbe avere niente di eccezionale: a Betlemme di Giudea, poco più di duemila anni fa, nasceva un bambino come tanti, di nome Gesù. In una stalla, perché non c’era posto per lui altrove e da umili genitori. Lo strano è che quella nascita la ricordiamo ancora oggi, con gioia. Stranissimo è che da quella nascita si sia cominciato a contare gli anni. Cosa rende straordinario quel bambino? Che era Dio venuto sulla terra. Venuto per insegnarci la via della giustizia, della pace e dell’amore. Venuto per liberarci dal male che ci portiamo dentro e che ci fa essere cattivi, ingiusti, prepotenti e violenti.
Non ho altro da dire. Lo so che questo messaggio potrebbe sembrare una novella, una fantasia per bambini. Ma è ciò in cui credo e per cui ho cercato di spendere la mia vita. Sono anche convinto che in quel bambino ci sia l’unica speranza per il mondo e che tutti i nostri guai provengano alla fine dal non avere accolto o dal non accoglierlo come uomo e come Dio, dovunque ancora oggi egli si renda presente.
Dico anche con molta franchezza che tutti i colori di cui si rivestono questi giorni, le luci, le ve-trine, le pubblicità, hanno in realtà ben poco a che fare col Natale. Un’inspiegabile frenesia ci fa correre e agitare. Sono “le feste”, si dice, ma non si sa neppure bene perché si festeggi. Se qualco-sa si salva in questo vortice, è quel poco di attenzione che almeno ci fa pensare agli altri per un dono, un grazie, un ricordo. E’ un segno di quell’incancellabile nostra radice divina che ogni tanto riaffiora. Ma dovrebbe essere un gesto sincero e non formale, qualcosa di gratuito, che dica davve-ro che l’altro ci sta a cuore.
Com’è appunto il dono senza misura che nel Natale Dio fa di se stesso a ciascuno di noi. Entrando nella storia senza potenza e gloria, fuori dagli schemi mondani, senza schiacciare l’uomo con la sua onnipotenza e perciò non facendosi riconoscere, vestendo i panni di un semplice bambino, contestando però in questo modo, tutti gli apparati dei poteri mondani.
Il malaffare, la corruzione, gli egoismi, le cattiverie, le guerre e il peccato, segnano tristemente l’umanità. Una caligine di morte ammorba il mondo. Ci si nutre di oscurità, la si respira, senza percepirne la drammatica negatività. Il peggio è che il male tante volte affascina e attrae. Solo quando ci ferisce e offende, ci si sveglia, ma a quel punto la colpa è sempre degli altri e delle loro idee, mai propria.
A Natale però venne nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Le tenebre non l’hanno vinta e mai la potranno vincere. Per questo, Natale vuol dire speranza. Una speranza ripo-sta in un piccolo bambino.
Di questi pensieri e sentimenti sono carichi i miei auguri per tutti.
+ Fausto Tardelli
