
Una giornata molto intensa e ricca di spunti operativi su vari settori pastorali
Don Angelo Biscardi
Sabato 23 novembre si è tenuto a Firenze, presso la Facoltà Teologica dell’Italia centrale, un convegno dal titolo “Umiltà, disinteresse, beatitudine. Rileggere il convegno ecclesiale di Firenze”.
Questa giornata è stata pensata dalla Conferenza Episcopale Toscana per dare seguito al Convegno ecclesiale di Firenze del novembre 2015 sul nuovo umanesimo cristiano. Un convegno, quello, che fu ritenuto da molti ricchissimo di potenziali conseguenze che forse sono rimaste un po’ inespresse, sia dal punto vista teologico che pastorale.
La riflessione ha preso spunto da tre parole chiave del discorso di apertura di papa Francesco del 10 novembre 2015: umiltà – nell’approccio agli altri, disinteresse – rispetto a eventuali vantaggi per se stessi, beatitudine – come esito del vissuto evangelico.
Siamo convinti che l’interesse cristiano per l’uomo e la sua vita possa arricchire l’esperienza di tutti, credenti e non credenti, secondo l’assunto fondamentale del Concilio Vaticano II per cui Gesù è “l’uomo perfetto”, dato che «proprio rivelando il mistero del Padre e del suo amore svela anche pienamente l’uomo a se stesso e gli manifesta la sua altissima vocazione» (Gaudium et Spes, n. 22).
A partire dalle tre parole, umiltà, disinteresse e beatitudine, si è quindi tentato di offrire riflessioni e proposte concrete per nove ambiti di interesse: arte, comunicazione, politica, famiglia, giovani, lavoro, sanità, ecologia, scuola.
La giornata del 23 (preceduta da incontri nelle diverse zone della regione) si è svolta secondo un programma intenso.
La mattinata ha offerto un saluto del Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, il Cardinale Gualtiero Bassetti (in video messaggio) e l’intervento del noto teologo gesuita tedesco (ormai francese di adozione possiamo dire) Christoph Theobald.
Il pomeriggio ha visto la presenza del Presidente del Parlamento Europeo Davide Sassoli che ha parlato dell’importanza dell’Europa nella vita dei cittadini e la visione di filmati su esperienze concrete nelle varie diocesi che incarnano lo sforzo di costruire cultura cristiana.
Hanno raccolto il senso della giornata le riflessioni conclusive del prof. Adriano Fabris e del prof. Mons. Basilio Petrà, preside della Facoltà Teologica dell’Italia Centrale.
La riflessione di C. Theobald (il titolo della sua opera più famosa è Il cristianesimo come stile, EDB, Bologna 2007) muove dalla consapevolezza che è finito il tempo del cristianesimo fondato sulla trasmissione di formule dottrinali per scoprire come sia più adeguato al nostro tempo veicolare il messaggio cristiano attraverso lo stile di vita dei credenti-testimoni.
La nostra diocesi di Pescia è stata presente con sei delegati, oltre al nostro Vescovo, Mons. Filippini, divisi tra diversi tavoli in base alle proprie competenze e studi.
Personalmente ho partecipato al gruppo che si occupava del lavoro richiamando l’importanza della visione dell’uomo che emerge oggi nella teologia, per cui anche nel mondo del lavoro si deve poter vivere la chiamata strutturale della persona umana al servizio e alla comunione, sia come lavoratori che come datori di lavoro. Si fa notare che questo richiede di avere situazioni di confronto con i vari soggetti coinvolti in modo da potere ascoltare ed evangelizzare, accogliendo le competenze di chi ne sa più di noi.
Edoardo del Tredici ha portato il suo contributo al tavolo della politica partendo dalla sua esperienza personale. La scoperta dei grandi tesori filosofici, teologici e artistici che la civiltà occidentale ha ricevuto accogliendo e vivendo il cristianesimo gli ha permesso di entrare nella mentalità cristiana che poi si è sviluppata ulteriormente attraverso un’esperienza di incontro personale con Gesù. Per questo deve essere contrastato il tentativo di eliminare le espressioni della “cultura” cristiana di molti politici, azione che non ha permesso di riconoscere le “radici cristiane” dell’Europa nella Costituzione europea.
Don Francesco Gaddini, nel gruppo dell’ecologia, ha riflettuto sulle pratiche buone che possono aiutare a educare realmente al rispetto dell’ambiente, anche in seguito all’esperienza della costruzione della chiesa di Cintolese eseguita interamente rispettando la sostenibilità ambientale dell’opera. Si è notato però che in questo importante lavoro di sensibilizzazione e educazione, si devono sapere riconoscere forme di strumentalizzazione culturale ed economica del tema dell’ecologia.
Marco Paoli, nel tavolo di riflessione sulla scuola, ha sostenuto l’importanza di umiltà, disinteresse e beatitudine, non tanto come valori di cui parlare ma come atteggiamenti di uno stile di vita da testimoniare come segno di un modo di vivere diverso da quella competitività e quell’attenzione alla prestazione tanto cari agli studenti e alle loro famiglie. In questo modo la scuola può essere vissuta come una casa dagli studenti, un luogo dove esprimere se stessi al massimo e coltivare i talenti donati loro.
La dott.ssa Silvia Rondini, impegnata nel gruppo che si occupava di Arte, ha proposto una catechesi rivolta sia agli adulti che ai bambini attraverso la riflessione sulle opere d’arte riguardanti i grandi santi della tradizione cattolica. La sua proposta nasce dall’esigenza di riscoprire “il volto umano di Gesù” come indica Papa Francesco, partendo proprio dall’humus, dalla terra, dal basso, individuando nei santi – visti anzitutto come uomini con tutte le loro fragilità – le figure che possono offrire grandi motivi di riflessione e di crescita nella fede anche per un processo di identificazione che sia interessante e coinvolgente allo stesso tempo.
Don Stefano Salucci, al tavolo della Famiglia, ha riflettuto sull’importanza dei tre concetti chiave nella vita del nucleo familiare: l’umiltà, non intesa come “annientamento di sé” ma come vivere secondo un “profilo basso” (umile) che privilegia la qualità delle relazioni interpersonali; il disinteresse, da capire nel modo giusto dato che l’amore è sempre “interessato” al bene dell’altro; la beatitudine come condizione di chi vive nella gioia semplice la propria vocazione, pur nelle situazioni di difficoltà ed anche di dolore. Così la famiglia può essere maestra delle nostre comunità che hanno da imparare a tenere insieme le differenze, anche quelle scomode, e a non “scartare” nessuno.
Siamo certi che il lavoro più importante è quello che verrà da ora in poi per dare seguito alla ricchezza di queste riflessioni.