
Credere, sperare, amare: con questo titolo si è tenuta la Veglia diocesana in occasione della 62ª Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni. Alle 21.15 di venerdì 9 maggio, nella basilica di Santa Maria Assunta a Montecatini Terme, il vescovo ha presieduto la celebrazione. Gli animatori dell’unità pastorale di Montecatini insieme ad altri coristi di altre parrocchie della diocesi hanno guidato i canti che favorivano la preghiera tra un brano e l’altro del messaggio che papa Francesco aveva scritto il 19 marzo scorso: “Pellegrini di speranza: il dono della vita”.
La serata ha visto alcune persone portare toccanti testimonianze di vocazioni, tutte diverse tra loro.
Sara e Michele, una coppia con accanto due dei loro tre figli (il terzo, vivace, si divertiva nei pressi dell’ambone), hanno condiviso la loro esperienza matrimoniale: «Quando ci siamo resi conto, dopo qualche anno, che cominciavamo ad amare anche la parte peggiore dell’altro, abbiamo capito che il matrimonio era la nostra chiamata. Abbiamo fatto nostre le parole che papa Francesco ha pronunciato nel 2016 paragonando la vita degli sposi alla barca dei discepoli durante la tempesta, sottolineando come la fede sia essenziale per affrontare le difficoltà e le “tempeste” che inevitabilmente si presentano nel matrimonio. Senza fede, si rischia di sentirsi soli e abbandonati, mentre con la fede si può confidare nella presenza e nell’aiuto di Gesù per non “affondare”. Da quando ci siamo sposati sentiamo che Cristo è con noi».
Francesco, seminarista e prossimo diacono, ha espresso come la preghiera abbia rivestito un’importanza cruciale nel suo percorso personale e formativo. Ha descritto la preghiera come un atto di umiltà che permette di affidarsi e lasciarsi guidare dal Signore. Ha inoltre sottolineato che la preghiera non dovrebbe essere considerata un’attività aggiuntiva alla vita quotidiana, ma piuttosto il fondamento stesso su cui costruire la propria esistenza in Dio, specialmente per chi intraprende un cammino vocazionale verso il sacerdozio o la vita consacrata.
Don Bruno, il terzo testimone, ha sottolineato l’importanza dell’accompagnamento, paragonandolo al ruolo di un genitore con gli adolescenti: stare “nel mezzo” come portatore di valori cristiani, più con la presenza che con le parole. «Accompagnare – ha concluso – significa dare leggerezza alle difficoltà, vivere una vita esemplare proponendo un messaggio evangelico autentico, essere una figura stabile e costruire fiducia. Infine, accompagnare una vocazione implica amare la propria e testimoniare l’amore e la presenza di Dio, aiutando l’altro a incontrarlo attraverso la fede».
Monsignor Tardelli ha quindi commentato il Vangelo di Giovanni (21,1-19), focalizzandosi sul dialogo tra Gesù risorto e Pietro e sulla domanda insistente: «Mi vuoi bene, mi ami?». Il vescovo ha spiegato come questa domanda riveli la ricerca divina e richieda una risposta personale d’amore, che si traduce in un impegno concreto verso il prossimo, simboleggiato dall’esortazione di Gesù: «Pasci le mie pecorelle». Questo “pascere” abbraccia ogni vocazione come servizio e cura, dalla famiglia al sacerdozio, manifestando l’amore per Dio attraverso l’amore fraterno.
Un momento particolarmente significativo ha coinvolto alcune coppie che hanno frequentato i corsi di preparazione al matrimonio. Il vescovo le ha invitate a farsi avanti, raccogliendosi presso l’altare. Qui, insieme, hanno recitato la preghiera, esprimendo il loro rinnovato impegno a vivere la propria fede e a seguire con slancio la vocazione matrimoniale che hanno abbracciato.
Al termine tutti i presenti sono stati invitati a ricevere un piccolo lume, recandosi in processione presso l’altare, come ricordo pasquale del battesimo ricevuto.
di Giovanni Sbolci