Santa Messa in occasione della solennità di sant’Allucio Compatrono della Diocesi di Pescia.
Inaugurazione dell’anno pastorale diocesano e ordinazioni diaconali.
OMELIA DEL VESCOVO FAUSTO
Cattedrale di Santa Maria Assunta, Pescia
sabato 20 ottobre 2024
Carissimi, è la prima volta che celebro con voi la festa solenne di Sant’Allucio, compatrono della nostra diocesi e lo faccio con molta emozione. La festa è inoltre arricchita questa sera dall’ordinazione di quattro nuovi diaconi permanenti. E’ poi la prima volta che mi rivolgo all’intera diocesi con una seppur breve lettera pastorale che al termine della celebrazione vi sarà distribuita per raggiungere tutte le parrocchie, contenendo anche alcune indicazioni programmatiche per l’anno pastorale che avviamo questa sera.
Con essa ho inteso indicarvi il cammino da fare insieme in questo anno pastorale 2024/2025 come chiesa del Signore, in modo che le diversità e originalità di ciascuno ridondino a beneficio di tutti, così che anche di noi si possa dire che “avevano un cuor solo e un’anima sola”. Invito tutti a leggerla e a farne motivo di riflessione. Ora accenno solo per sommi capi al suo messaggio fondamentale incentrato sulla virtù della speranza
Il nuovo anno pastorale 2024/2025 si apre infatti all’insegna della speranza. Ci invita a questo proprio il Santo Padre Francesco che ha indetto per il 2025 l’anno giubilare, dandogli come tema: “Pellegrini di speranza”. “Spes non confundit” (“La speranza non delude” Rm 5,5) come ci ricorda la bolla di indizione del Giubileo. O ancora: “in spe fortitudo” come è nel mio motto episcopale: “Nella speranza la forza” o “nell’abbandono confidente sta la nostra forza” (Is 30,15).
Sant’Allucio, santo della carità, dell’accoglienza, della riconciliazione, della semplicità umile ma anche della forza innamorato di Cristo adorato e ricevuto nell’Eucaristia, che ha incarnato e vissuto le beatitudini proclamate questa sera nel vangelo, è sicuramente un testimone di speranza un segno di grande speranza. Precursore in un certo senso di Francesco d’Assisi, come lui poteva dire, animato dalla speranza incrollabile nel Signore: “tanto è il bene che mi aspetto, che ogni pena m’è diletto”. Il suo impegno senza limite nella carità era sostenuto da una speranza incrollabile nel Signore che trasfondeva in coloro che lo incontravano. E’ così, infatti. Ogni volta che si fa strada la carità, che si compiono gesti di amore e di servizio autentico al prossimo, si semina la speranza, si gettano nel mondo semi di speranza.
E noi siamo chiamati proprio a questa seminagione abbondante di speranza nel mondo di oggi. Dobbiamo diventare sempre di più uomini e donne di speranza che con la loro vita – come fece sant’Allucio nel suo tempo – la seminano in questo mondo a volte così triste e depresso. Non credo che occorra spendere molte parole per dire quanto il nostro mondo e le persone soffrano per speranze corte, deluse e infrante. E quando la speranza muore, il cielo si fa davvero buio e nella vita cala la notte mentre prendono campo i demoni della disperazione e della violenza.
La mia lettera pastorale è allora un invito a riflettere se davvero la speranza abita in noi, se la alimentiamo e se la nostra vita e quella delle nostre comunità parrocchiali, è capace di suscitare speranza nella nostra società. Credo che ci faccia bene richiamare quanto il Catechismo della Chiesa Cattolica ci dice a proposito della speranza: “La speranza è la virtù teologale per la quale desideriamo il Regno dei cieli e la vita eterna come nostra felicità, riponendo la nostra fiducia nelle promesse di Cristo e appoggiandoci non sulle nostre forze, ma sull’aiuto della grazia dello Spirito Santo. Essa risponde all’aspirazione alla felicità, che Dio ha posto nel cuore di ogni uomo; essa assume le attese che ispirano le attività degli uomini; le purifica per ordinarle al Regno dei cieli; salvaguarda dallo scoraggiamento; sostiene in tutti i momenti di abbandono; dilata il cuore nell’attesa della beatitudine eterna. Lo slancio della speranza preserva dall’egoismo e conduce alla gioia della carità. La speranza cristiana si sviluppa, fin dagli inizi della predicazione di Gesù, nell’annuncio delle beatitudini. Le beatitudini elevano la nostra speranza verso il Cielo come verso la nuova Terra promessa; ne tracciano il cammino attraverso le prove che attendono i discepoli di Gesù.” CCC 1817 ss.
Il prossimo Giubileo che si aprirà in ogni diocesi del mondo domenica 29 dicembre prossimo e che farà convergere su Roma, alla tomba degli apostoli, una moltitudine di pellegrini, vedrà dunque anche noi impegnati a riflettere proprio sulla virtù della Speranza. Un segno grande di speranza è poi sicuramente il cammino sinodale che, unitamente alle chiese che sono in Italia, stiamo compiendo in diocesi. Ha le sue fatiche ma anche la sua bellezza. Chiedo pertanto a tutti, innanzitutto ai presbiteri e ai diaconi di lasciarsi coinvolgere appieno in questo percorso sinodale. Esso ci permette di aprirci all’ascolto come chiesa e come singoli, per scoprire le attese di vangelo presenti oggi nei cuori e nella società, le sfide cioè che lo Spirito Santo ci chiede di affrontare col suo aiuto ma anche le risposte – almeno le principali – che dobbiamo insieme imparare a dare.
Dunque, chiedendo I’intercessione di Sant’Allucio diamo inizio al nostro anno pastorale. Vorrei qui ricordare che l’anno pastorale non è altro se non il cammino di discepoli di Gesù che nel tempo imparano a seguire il loro maestro sempre di più sulla strada dell’amore vero, del servizio autentico, della generosa e gratuita dedizione. Guai, se considerassimo l’anno pastorale come una serie di attività da fare, al modo di un’azienda, o se pensassimo a tutti i nostri impegni come ad un’opera nostra, alla fine inevitabilmente sterile, come ad un insieme di cose da fare per passare il tempo e produrre una qualche agitazione nella nostra città e nei paesi.
L’anno pastorale è invece, lo ripeto, il cammino di discepoli innamorati di Cristo che imparano a seguirlo sulla via del servizio, sperimentano già fin d’ora le beatitudini e diffondono gioia e speranza nel mondo. L’anno pastorale e ogni attività pastorale, come ogni carisma, ogni ministero, ogni impegno nella parrocchia, deve avere come fine esattamente questo. E di questo servizio, i diaconi che ora mi appresto ad ordinare, sono gli speciali testimoni.
+ Fausto Tardelli, vescovo