Un saluto grato a tutto il popolo di Dio che ha voluto essere presente così numeroso. Un grazie di cuore all’Arcivescovo di Pisa Giampaolo, il nostro Metropolita, a Fausto Vescovo di Pistoia, a Alberto Vescovo di Volterra e un saluto particolare al nuovo Arcivescovo di Lucca Paolo a cui diamo un caloroso benvenuto in Toscana. Un abbraccio fraterno ai consacrati e alle consacrate, ai diaconi e a tutti i presbiteri, un grazie a quelli delle altre diocesi che ci hanno onorato della loro presenza . Un deferente e cordiale saluto a tutte le autorità.
Exultate, Psallite, Cantate: in caratteri d’oro leggiamo questi inviti festosi nei cartigli sorretti dagli angeli, che possiamo ammirare sotto il cornicione dell’abside, finalmente restituiti all’originale candore. Stasera questi verbi sono i più appropriati: c’è davvero da suonare e da cantare al Signore, come il poderoso coro delle nostre parrocchie ha già fatto gioiosamente, insieme all’intera assemblea. C’è da esultare per quest’anno di grazia cominciato con profonda fiducia nella misericordia sconfinata del Signore e con grande speranza nel rinnovamento della nostra vita. E c’è da esultare per questa opera ormai compiuta: tutti possono gioire, grati a Dio: coloro che hanno elaborato il progetto e chi ha calcolato i tempi e le spese, chi ha messo a disposizione la sua arte e chi la sua abilità manuale, gli architetti, gli ingegneri e le maestranze che hanno faticato duro in questi mesi, chi ha donato il suo contributo in denaro e chi ha sorvegliato sapientemente lo svolgersi dei lavori, e soprattutto il popolo cristiano che ha atteso con trepidazione questo momento per entrare di nuovo nella casa comune della Chiesa Diocesana: la nostra Cattedrale.
Certamente, dopo il dischiudersi della porta, quando ha cominciato a mostrarsi nella sua ritrovata bellezza e nell’armonia delle linee, mentre attraversavamo la navata e si rivelavano gradualmente come per incanto i tesori delle cappelle laterali e i nuovi elementi liturgici del presbiterio,… certamente… non abbiamo potuto trattenere meraviglia e commozione: questa è la nostra casa, la casa di Dio con gli uomini!
Stasera può esultare e rallegrarsi anche la società civile del nostro territorio per questo bene comune che è stato recuperato al suo originario splendore: possono rallegrarsi i non praticanti, i credenti delle altre religioni, i cercatori sinceri di verità, persino i non credenti e gli agnostici. La Cattedrale è anche casa loro.
Possiamo chiederci: la società attuale in gran parte secolarizzata, ha bisogno ancora di chiese e di cattedrali ? Penso proprio di si; basti pensare alle lacrime della gente comune di fronte all’incendio di Notre Dame! Il fatto è che anche gli uomini e le donne del nostro tempo disincantato hanno bisogno di questi luoghi sacri, perché hanno bisogno di bellezza, di spiritualità e di memoria. Hanno bisogno della bellezza, prodigio che sempre sorprende, sospensione dell’ordinario succedersi delle cose che introduce allo stupore della grazia, facendoci sporgere su un’altra realtà, rispetto a quella del produrre, consumare e gettare, salvandoci da un miserevole naufragio e aprendoci alla dimensione spirituale, dimensione non accessoria, ma essenziale e centrale dell’umanità. La stessa convivenza, il tessuto delle relazioni, la costruzione dei valori condivisi e la ricerca del bene comune hanno bisogno della dimensione spirituale. Così come c’è bisogno della memoria storica per non perdere la propria identità, il valore del presente e la possibilità del futuro… e cattedrali come questa sono custodi privilegiate di una storia che riguarda tutto un popolo e che da esse è tramandata, nel silenzio delle pietre e nello splendore dell’arte.
Ma le chiese non sono solo monumenti: sono luoghi vivi dove comunità di fede offrono con i segni liturgici un’esperienza religiosa, personale e comunitaria, che nei secoli ha illuminato la mente e il cuore di molti e con cui ci si può confrontare anche oggi ricevendone proposte, provocazioni e intuizioni per la ricerca di senso all’esistenza.
Ammirando la nostra cattedrale dopo il restauro possiamo riscoprire molti elementi che precedentemente ci erano sfuggiti: il Fonte battesimale che era finito nell’oratorio, le grandi tele, lo stesso immenso quadro dell’Assunta che ha riacquistato la sua forza di attrazione e la cupola con l’immagine dello Spirito Santo, pronto ad effondere dall’alto i suoi doni…
A me ha colpito molto, un particolare: la bella meridiana che attraversa tutto il pavimento del presbiterio e che precedentemente coperta dalla balaustra di fine ottocento, potevano vedere solo il clero e i ministranti, ma senza darle grande importanza. E’ un nastro di marmo bianco con al centro un rigo nero di pietra, su cui scorre il raggio di sole che passa da un forellino nella parete di fronte. E’ stata realizzata nella seconda metà del settecento da un mio predecessore, il Vescovo Donato Arcangeli, appassionato di astronomia. La sovrintendenza ha voluto che la rispettassimo rigorosamente ed essa ha determinato così la posizione delle pedane marmoree della cattedra, dell’altare e dell’ambone, che lambisce, unendole fra loro.
Qui dalla cattedra me la ritrovo ai piedi, proprio davanti a me. E’ il segno dello scorrere del tempo e mi ricorda che noi celebriamo l’Eterno, il mistero eterno di Dio…. proprio nello scorrere del tempo, nella storia.
Ecco l’annuncio buono che ci viene dalla Comunità Cristiana che per secoli qui si è radunata: la nostra storia è amata da Dio, il tempo è stato da lui visitato, lo ha fatto suo e lo ha fecondato; la sua Parola che era dall’eternità presso di Lui e che ha dato principio al cosmo, si è fatta carne e ha offerto salvezza ed una meta all’incerto migrare dei giorni.….
E’ proprio per ascoltare questa Parola di speranza che ci siamo rivolti verso l’Ambone, dove sono saliti i lettori e da cui il Diacono ha cantato il Vangelo. Abbiamo fissato l’Aquila giovannea e il gruppo scultoreo dei primi missionari, Paolo, Timoteo e Tito, consapevoli che il Signore ci raggiunge attraverso la predicazione e le scritture apostoliche, agli inizi ed oggi. Abbiamo teso le orecchie per udire la voce dell’Amato che come alla donna samaritana, ci ha chiesto di non rivolgerci ad altre illusorie sorgenti, ma di adorare Dio in Spirito e Verità. La tribuna dell’ambone non a caso è rivestita di un mosaico argenteo con tessere filiformi che rifrangono la luce, “perché Luce ai miei passi è la tua Parola”( Sal 119)
Lo stesso rivestimento musivo torna sullo schienale della cattedra in alto e avvolge l’altare: a rimarcare l’unità fra la Parola proclamata, la Parola spiegata e la Parola celebrata nei gesti eucaristici.
La Cattedra è un punto di riferimento fondamentale, la cui presenza fa di una chiesa una cattedrale; è il segno dell’unità della Chiesa diocesana nella fede custodita dal Vescovo, garante dell’apostolicità e servitore della comunione con la Chiesa universale.
La Cattedra stessa qui è in posizione obliqua, perché il Vescovo sia rivolto verso l’assemblea per guidarla nella preghiera, ma anche verso l’Ambone, perché deve essere visibilmente il primo a porsi in attento, amoroso e obbediente ascolto di quella Parola che poi spezzerà ai fedeli nell’omelia.
L’Altare è infine il cuore di tutta l’azione liturgica. Segno di Cristo, altare e vittima del sacrificio redentore, è insieme ara e mensa, su cui il Vescovo e i presbiteri compiranno i santi segni della cena del Signore e a cui parteciperanno i fedeli per ricevere e diventare il suo Corpo, donato per la salvezza del mondo, una volta per tutte e lungo lo scorrere del tempo…
L’altare è il centro ideale di tutto lo spazio sacro, come Gesù è… e deve essere il centro della nostra vita. La prima lettera di Pietro ci indica con grande vigore su cosa puntare, per costruire il vero tempio di Dio, fatto di pietre vive che siamo noi: dobbiamo stringerci a Cristo , pietra viva , pietra angolare scelta e preziosa. Cristo la pietra scartata dal mondo delle tenebre e del potere, è il fondamento del suo popolo santo, chiamato a offrire a tutti, con umiltà e semplicità, l’esperienza di una vita buona,felice e santa.
Fra poco dedicheremo l’altare, ripercorrendo nella preghiera la storia degli altari e dei sacrifici offerti a Dio lungo la storia biblica per giungere a Lui, culmine di questa storia e sorgente di senso per ogni tempo. Lo consacreremo con l’unzione del Crisma che spanderà il suo profumo, perché ovunque si diffonda il profumo di Cristo. Lo incenseremo e vedremo il fumo dell’incenso salire da qui verso il cielo dove sono indirizzate le nostre invocazioni, il nostro grazie e le nostre esistenze.
“Ma è proprio vero che Dio abita sulla terra?” alla domanda Salomone che inaugura il maestoso Tempio di Gerusalemme, con umiltà sapiente risponde : ”Ecco i cieli e i cieli dei cieli non possono contenerti, tanto meno questa casa che io ti ho costruita”.
Nell’esultanza e nell’entusiasmo di stasera dobbiamo rimanere ben consapevoli che uno splendido edificio non basterà perché sia la casa di Dio con gli uomini. Non basteranno belle liturgie e solenni cerimonie per incontrare il Dio della nostra salvezza. Solo una chiesa che nello scorrere dei giorni feriali, viva appassionatamente la ricerca sincera di ciò che è vero, buono e giusto ai suoi occhi, potrà avere il Signore vicino. Guai a noi se ci limitassimo a offrire al Signore la meraviglia delle strutture architettoniche e a questa non corrispondesse la meraviglia di una comunità che cerca fattivamente la pace, costruisce relazioni fraterne, si impegna per una società più accogliente e misericordiosa verso i poveri e gli emarginati, senza nessuno escludere. Minucio Felice , un grande scrittore cristiano dei primi secoli è molto radicale “ Chi coltiva l’onestà prega Dio; chi pratica la giustizia lo supplica veramente, chi non inganna lo rende propizio, chi salva dalla morte un uomo, immola a Dio la vittima migliore. Questi sono i nostri sacrifici, questo è il nostro culto” . Questo è adorare in Spirito e Verità.
Esultiamo dunque e cantiamo, ma insieme anche operiamo perché l’amore eterno di Dio continui a incarnarsi nello scorrere del nostro tempo, nella nostra vita di Chiesa diocesana, allora potremo invocare, con umiltà e fiducia, certi di essere ascoltati: “ Siano aperti i tuoi occhi notte e giorno verso questa casa….Ascolta la supplica del tuo popolo, accogli le preghiere che verranno innalzate in questo luogo. Ascolta dal luogo della tua dimora, dal cielo; ascolta e perdona”